“C’era una volta a… Hollywood” di Quentin Tarantino

Il cinema di Quentin Tarantino ha sempre poggiato sui propri personaggi, così eccentrici e taglienti, profondi e stratificati, come a serbare nel proprio cuore tante altre storie taciute. “C’era una volta a… Hollywood”, presentato quest’anno a Cannes, è l’ulteriore prova della capacità di scrittura dell’autore, che qui costruisce un ponte fra realtà storica e fantasia, su cui i personaggi dei due mondi possono conoscersi e scontrarsi.
Sul variopinto e accecante sfondo della Summer of Love un coro di eroi, principesse e mostri compie le proprie gesta. Ed è attraverso le vicissitudini del “prode” Rick Dalton (Leonardo DiCaprio) che attraversiamo una Los Angeles tutta led e rock ‘n roll. Lui, un’ex star televisiva e la sua inseparabile controfigura Cliff Booth (Brad Pitt), sono entrambi alla ricerca di un proprio posto in una Hollywood che non riconoscono più, ormai contaminata dal cinema d’oltreoceano, qui rappresentato da Polanski. É poi il turno di Sharon Tate (Margot Robbie), la stella attorno cui volge l’intera mitologia di un intreccio destinato a incrociare le polverose e infernali strade della “Manson Family”. Troverete così un pantheon ricco dei più svariati dèi e semi-dei, storici e immaginari, burleschi e caricaturali, da Bruce Lee ai personaggi di Margaret Qualley e Al Pacino.
Tarantino ha il coraggio di ri-scrivere la storia e farla favola, raccontando quel mondo idealizzato che fu la California dei Sessanta attraverso una delicatezza e sensibilità che poco ci si aspetterebbe dal suo stile “violentistico” e satirico. Ma è qui il bello, la tipica arroganza creativa, da iena, si scioglie in un atto d’amore che sboccia in colori, accordi e forme che narrano di un mitico passato.
Il regista non tradisce il proprio spirito provocatorio, ma lo converte in un magistrale omaggio alla sua intera esperienza cinematografica, al Western e all’Italia, alla cultura pop della televisione seriale e al cinema in sé. Perché innumerevoli sono gli schermi nella pellicola, che fra una citazione e l’altra, ci pongono in rapporto con l’arte dell’essere spettatore in sé, la bellezza del sedere in sala e recuperare all’eternità le stelle che illuminarono i cieli di un tempo.

Tommaso Lonzar